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domenica 27 novembre 2011

Irena Sendler


Tratto dal blog: massimilianofrassi.it/blog/
È appena trascorsa la settimana dedicata alla carta dei diritti dei bambini, il cui culmine è stato proprio ieri con la giornata mondiale per i diritti dell’infanzia.
Esperti di tutti i generi sono spuntati con pubblicazioni, convegni e quant’altro. Fino a ieri, appunto. Da oggi torna il silenzio.
Sempre fino a ieri su Facebook tutti gli utenti erano invitati a mettere nel proprio profilo la foto di un cartone animato, legato alla loro infanzia. E da oggi, Cartoonia torna ad  essere popolata poiché appunto le stesse immagini vengono rimosse a tutta velocità.
Questa la premessa ad una storia che vi voglio raccontare e che, proprio grazie al post di una amica su Facebook, ho scoperto solo di recente.
Dopo aver letto la storia che vi riassumerò in poche significative righe spero accoglierete il mio invito di mettere, fosse pure per un giorno solo, la foto di questa donna meravigliosa nel vostro profilo, le cui gesta vorrei raccontarvi.
Una donna a cui si deve la vita di più di 2mila bambini e che prima di morire, in una intervista disse:
“il mio rammarico? Non averne potuti salvare di più”, mentre in una lettera scriveva:
« Ogni bambino salvato con il mio aiuto è la giustificazione della mia esistenza su questa terra, e non un titolo di gloria ».
Questa donna, meravigliosa, si chiamava Irena Sendler (da nubile Irena Krzyżanowska).
Figlia di un medico polacco, di religione cattolica (il quale morì di tifo per aver voluto prendersi cura di quei pazienti che i suoi colleghi si rifiutavano di curare), in qualità di operatrice dei servizi sociali ottenne di poter lavorare nel Ghetto di Varsavia, proprio con il compito di riscontrare eventuali focolai di tifo (cosa che preoccupava non poco i Nazisti).
Così facendo (ma spacciandosi anche per tecnico delle fognature) riuscì, collaborando con la Resistenza (il suo nome di battaglia era Jolanta) a far uscire dal Ghetto circa 2500 bambini (molti i neonati).
Li nascondeva dentro ad un camioncino, o nel sottofondo di un carretto, immobili in grossi teli di juta. Con sé il suo fedele cane, che abbaiava fragorosamente quando i nazisti si avvicinavano per i controlli. Le urla del cane avevano il duplice scopo di tenere i soldati alla larga ma soprattutto di coprire i pianti dei bambini. Bimbi che una volta fuori dal Ghetto ottenevano falsi documenti con nuove identità e venivano portati presso famiglie ed orfanotrofi dove venivano accolti.
Arrestata dalla Gestapo fu condannata a morte (ma salvata in extremis dalla Resistenza, che corruppe alcuni soldati incaricati di fucilarla) e seviziata fino a lasciarle dei danni irreversibili.
Sotto ad un albero di mele sotterrò dei vasetti di marmellata, vuoti e contenenti solo dei fogli con le indicazioni anagrafiche dei bimbi salvati. La sua speranza era che una volta finita la guerra li avrebbe potuti riaccompagnare dalle famiglie. Speranza naufragata dal fatto che la maggior parte delle stese furono deportate ed uccise nei campi di sterminio.
La sua storia è venuta a galla alcuni anni fa grazie al lavoro di un gruppo di studenti del Kansas! Premiata da importanti riconoscimenti (in primis il Premio dei giusti), non ottenne però il Nobel, sconfitta da….Al Gore.
Alcuni anni fa, poco prima di morire, incontrò molti dei bimbi da lei salvati.
La sua è la dimostrazione che davanti ad orrori così grandi, non è vero che non si può fare nulla. Certo, ci si deve mettere in discussione, si deve lottare, non ci si deve arrendere MAI. Ma alla fine questi sono i risultati:
2500 bambini sottratti alla morte e donati alla vita.
Chissà se ti arriverà, nel dubbio ti mandiamo il nostro più sentito ringraziamento: ciao Irena.
Da oggi sappiamo di avere un alleata in più!

Link:  http://www.massimilianofrassi.it/blog/irenasendler.html